My Music
Mario d’Azzo
Musica
Mario d’azzo
Zucchero Filato
Ero giovanissimo, ma le storie volevano già cantare la vita… e la ricerca della via. L’album è pubblicato su iTunes.
Zucchero Filato
Mario d’Azzo
Le Navi di Jacques
Avevo in testa questa idea del viaggio, tra Henry Miller e Jacques Brel. Prendere e andare, perché dentro ogni viaggio pulsa l’anima del racconto e l’elevazione del canto.
A Mezzanotte con le Fate
Quando la porta si aprì
pensieri lì da giorni
son volati a stormi
fuori della stanza
come uccelli in fuga
liberati da una gabbia,
e ciò che videro i suoi occhi
erano i suoi occhi
investiti dalla luce della luna
incorniciati dalle ombre della notte.
Restarono in quel raggio immobili
per un tempo indefinito
a scrutarsi a riempirsi la vista
dopo tanta fame
mentre il senso lentamente
riprendeva posizione tra le cose.
E il cuore era uno stantuffo
tra lo stomaco e il cervello
non capiva se era quello che cantava
o se era il coro dei grilli.
“Dimmi che sei qui solo per dirmi
cose belle,” nell’attesa pensò,
e l’attesa aveva un buon sapore
tra il dolore e la riscossa
e lei sembrava un uccellino
scampato chissà come
per miracolo da un volo disagiato
che ne aveva provato le forze
e consumato le piume.
“Dimmi che sei qui per levarmi
questo stecco che ci ho piantato
in mezzo al petto,” pensò.
Disse “Vieni, entra, mettiti a sedere,
non ti aspettavo questa sera,
non ti aspettavo così presto,
ma chi ti ha dato il mio indirizzo?
Sono qui da pochi giorni,
la casa è ancora un po’ per aria.”
Dimmelo Tu
Sandra alza con un gesto elegante
il braccio e lo agita piano
poi lancia il suo sorriso bianco
una scintilla avvolta nel fumo
e nella nebbia nel vapore freddo
che si sdraia sul ponte sospeso sul mare
la vedo composta in piedi sulla banchina
una sorellina che nessuno ce l’ha.
E la sua casa mi spiace lasciarla
è piena di fiori odora di prato
a due passi c’è il mare scorticato dal vento
un vento violento che falcia il berretto
ai bambini ….. ma …..
dimmelo tu
dove va veramente
questo treno che parte
dimmelo tu
dove va veramente
perché io non lo so.
Sandra vive sempre fuori d’Italia
l’Italia dimentica la gente così
la gente che aiuta e che vuole sapere
deve sempre andare lontano da qui
così li incontri un po’ dappertutto
con il loro bagaglio sempre pieno di cose
sempre più vasto e ricco di mondo
che noi non li capiamo più.
E tu pensi quasi sia una fortuna
per la sua vita così diversa oramai
I Fili Invisibili
La prima volta nella piazza
e col sole una mattina
te ne stavi rannicchiata
in una mantellina blu.
Eri sobria ed aggraziata
come una bella statuina
coi capelli illuminati
e lasciati sciolti giù …
Se le storie della gente
tracciassero una scia
le strade che disegnano
gli incroci sulla via
forse capiremmo meglio
il senso del viaggiare
agiteremmo forte il braccio
e ci vorremmo salutare …
Ora ti dico arrivederci
ogni mattina
ed ogni volta mi si forma
un nodo in gola
perché ogni giorno
che viviamo
noi partiamo
ed è un viaggio
breve o lungo
che facciamo.
Ti ricordo sulla porta
nel mattino trasparente
la felicità sui denti
seminata sopra il volto.
Ti ricordo nell’attesa
e nel momento del ritorno
la casa rifiatare
un’altra aria traversare il giorno.
Tutto il mondo in una rete
di invisibili fili sottili
che si muovono nel nulla
e accavallano i destini
e nel frattempo anche la terra
e le stelle se ne vanno
dovremmo salutarle
abbassando i finestrini …
Ora ti dico arrivederci
ogni mattina
ed ogni volta mi si forma
un nodo in gola
perché ogni giorno
che viviamo
noi partiamo
ed è un viaggio
breve o lungo
che facciamo.
Dove sei stata
com’è stata la giornata
con che pensiero
ti sei allontanata?
A cavallo di quale
poi sei ritornata?
Dillo forte
che lo possa ricordare.
Il Viaggio della Mongolfiera
Un giorno Claudia
mi mandò un ritratto
e un omino col cappello
disegnò;
e siccome per il mondo
lei voleva farlo andare
su un’allegra mongolfiera
lo posò.
E occorreva tanto vento
perché quello è un modo
antico e assai rischioso
per viaggiare;
e come senza luce
è inutile partire
un bel mattino sopra il foglio
Claudia colorò.
Certamente voi saprete
che quando sorge il sole
il timore della notte
se ne va;
resta solo tanto spazio
tanto mondo da girare
tanto che non si capisce
dove l’omino arriverà;
però un viaggio è sempre bello
soprattutto se c’è vento
è per questo che l’omino
ci ha un cappello;
ma per volare così alti
occorre essere leggeri
e così un omino snello
Claudia immaginò.
Poi un campo ci voleva
per la gioia dei suoi occhi
verde e con dei fiori
che l’estate germogliò;
ma il prato non bastava
a soddisfare il viaggio
così la terra con il mare
Claudia bagnò;
Oh che bella mongolfiera
se ne va come una piuma
sulla spuma delle onde
dove non si sa;
speriamo che non cada
o che voli più veloce
così forse per un giorno
il sole non tramonterà.
Io ringrazio la bambina
che spedisce quell’omino
tra le case degli uccelli
e forse anche più in là;
e spero arrivi lei
in un mattino come questo
se l’omino del ritratto
non ce la farà.
Kalinikta Stavros
È un’acqua chiara – pa’ –
che ci guardo attraverso.
Sirene che annunciano navi – ma’ –
e lasciano scie nel sonno.
Gente ruvida ed aspra – pa’ –
che non invita a sorridere.
Ed eccezioni sporadiche – ma’ –
che conservano il dono.
Perdono perdono perdonami
Dio del mare.
Non occorreva allontanarsi tanto
non lo dovevo fare.
Esiste un paese – pa’-
che è simile al mio.
Il mare lo risucchia – ma’ –
e la roccia lo difende.
Qualcosa gli fu tolto – pa’ –
per le loro facce stanche.
Forse è per il troppo avuto – ma’ –
che sanno pregare.
E prego prego prego
il Dio del cielo.
Non occorreva tanto vento alla mia vela
per rimanere così solo.
Qualcuno racconta – pa’ –
di uccelli che piangono.
Che ci sono ancora asini – ma’ –
che ad avvicinarli mordono.
E di serpenti che saltano – pa’ –
colpiscono alla nuca.
Li chiamano la freccia – ma’ –
perché puniscono per sempre.
Punisci punisci puniscimi
Dio dei campi.
Colpisci le mie mani inutili
mandami tuoni e lampi.
Escono presto al mattino – pa’ –
nel silenzio dell’alba.
Sopra piccole barche – ma’ –
e reti gonfie di sogni.
Li vedi bisbigliano – pa’ –
lunghe storie tra le labbra.
Misurano ogni gesto – ma’ –
e nessuno di loro parla.
E ti parlo ti parlo parlami
Dio del fuoco.
La mia scintilla è un filo di voce
e il suo suono è roco.
Camminano per strada – pa’ –
con un rosario tra le dita.
Scorrono sulle perle – ma’ –
come di fronte a una notte senza stelle.
Si ricompongono i vestiti – pa’ –
s’aggiustano i capelli.
E lindi e sistemati – ma’ –
son sempre pronti e mai tranquilli.
Colpa mia colpa mia tu conosci la mia colpa
Dio del mondo.
Tu puoi vedere nel fondo dei miei occhi
il trucco e l’inganno.
Ora scalciano i cani – pa’ –
e non carezzano i gatti.
Tutti sanno vivere soli – ma’ –
animali e padroni.
Vivono ed odiano – pa’ –
con lo stesso sorriso.
Ma vivono incerti – ma’ –
con un conto in sospeso.
Via da me via da me stai lontano
Signore del mondo.
Sei la spina ficcata nel fianco
sebbene sia un angelo vestito di bianco.
Perdono perdono perdonami
Dio della Luce.
Non conosco più la strada ma so farmi
il segno della croce.
L’Oro del Grano
Non guardarmi con quell’occhio
scontento e non pensare
che la mia vita sia
una miniera spoglia
o una vela senza vento
E non credere che al fondo
abbia solo un pozzo asciutto
dove le stelle
non si specchiano più.
Non guardarmi lungo il ciglio
di un fosso mentre una nuvola
s’addensa intorno al precipizio
scalzo tra i rovi
con soli stracci addosso
Non pensare che le nuvole
non mi lascino la pioggia
quando passano
e il cielo torna blu.
Non so qual è
la luce che sogno
ma tanto ricorda
l’oro del grano
e l’odore del vento
che soffia dal mare
i confini e gli spazi
di paesi lontani …..
Guarda che sole
guarda che giorno
guardalo come si scaglia
e come si scioglie
tra le foglie
il suo calore ….
Guarda, guarda che sole
non hanno un tocco
così caldo le parole
Non pensarmi dietro veli
di lacrime con gli occhi
ghiacciati da manti di brina
che sotto l’acqua non scorra
e il respiro non viva
E che le nuvole vadano
a piovere lontano
che preferiscano altro grano
a quaggiù.
Non so qual è
la luce che sogno
ma tanto ricorda
l’oro del grano
e l’odore del vento
che soffia dal mare
i confini e gli spazi
di paesi lontani …..
Guarda che sole
guarda che giorno
guardalo come si scaglia
e come si scioglie
tra le foglie
il suo calore ….
Guarda, guarda che sole
non hanno un tocco
così caldo le parole.
La Padrona del Cachito
Mi piaceva dei suoi occhi
quell’azzurra follia
che gettava sui pensieri
con un’ombra scura
e la mezza luna bianca
sulle unghie delle dita
che muoveva tra le cose
con disinvoltura.
Mi piacevano i suoi modi
schietti e ineducati
la sua lingua era un coltello
a scatto che tagliava
ma tagliava in modo netto
del tutto trasparente
solo dopo ti accorgevi
che la ferita sanguinava.
Mi piacevano i suoi libri
di autori sconosciuti
tranquilli e consumati
in un respiro
e l’aria sciatta e irriverente
di andare in mezzo agli altri
affatto indifferente
a che pensavano di lei.
Mi piaceva il suo linguaggio
scarno fino all’osso
con un singhiozzo altalenante
sugli accenti;
aveva un modo disarmante
di dirti sulla faccia
“a me non piace veramente
proprio niente.”
Chissà chissà
che tipo di uomo ha
se le chiederà se l’ama
e se lei gli risponderà
chissà chissà
se è proprio vero che laggiù
il mare fa dimenticare
e non si ha voglia di tornare più.
Ma c’era un desiderio
nel cielo dei suoi occhi
e una tenera espressione
di spavento e di stupore.
Si capiva dallo sguardo
distante e fuggitivo
che un sasso le pesava
in fondo al cuore;
non aveva della gente
l’abitudine a accetare
solo per avere al mondo
qualche cosa da fare
né la voglia a capo chino
di arrivare ad ogni costo
in qualche modo
in qualche posto al sole.
Si capiva dalle pause
che si chiedeva mille cose
e dai momenti di silenzio
in cui cascava;
ma con poco s’accendeva
in un sorriso contagioso
che saliva generoso
e s’aggiustava in mezzo ai denti.
Aveva un’aria vagabonda
orgogliosa castigata
che trascinava per la strada
con un passo sonnolento;
poi di colpo s’impennava
e balenava all’improvviso
un guizzo di luce
sopra un viso contento.
Chissà chissà
che tipo di vita fa
se le piace viaggiare ancora
oppure se si fermerà
chissà chissà
se è proprio vero che laggiù
si sente finalmente a casa
e non ha voglia di tornare più.
Sembrava persa e sola
tra milioni di persone
ma mi portava a spasso
al guinzaglio come un cane.
Mi piaceva la sua casa
alta come un nido
e la sua pianta moribonda
sul balcone.
Da là sopra la città
s’apriva ai desideri
che apparivano uno ad uno
con le luci della sera
ed era come un mare
come i campi a primavera
una vendemmia
o la vigilia di Natale.
Chissà chissà
che tipo d’amore ha
se le è entrato in fondo al cuore
se per sempre ci resterà
chissà chissà
se questa è tutta la verità
se ha capito come gira il mondo
e se mai ce lo racconterà.
Le Navi di Jacques
C’era un posto allora
dove volevo andare
dicevano c’erano belle donne
vestite quasi tutte da signore
dicevano che lì i sogni correvano
come fiume verso il mare
e tutte le strade
fiorivano in piazze
che brillavano sotto il sole.
Così ogni volta che passava
il vento
io volevo mettergli le briglie
montargli a cavallo
farmi trascinare
perché dicevano che lì le strade
erano forse più di mille
e quando scoppiavano le stelle
tutti le stavano a guardare.
Prima di me i conquistatori
decisero di abbandonare
ma loro erano navigatori
erano a casa sopra quel mare
era gente senza riposo
con l’anima disturbata
non mi han lasciato
neanche una barca
neppure una scialuppa sfondata.
Però quel mare io lo guardavo
le mie navi non avevano vele
ma galoppavano
assieme alle nuvole
prendevano il largo con le parole
“con loro un giorno” pensai
“me ne andrò
e abbatterò tutti gli steccati
e se cadrò avrò soltanto
i ginocchi sbucciati.”
“Le ascolteranno” mi dicevo
“le storie che racconto
le canteranno anche i bambini
le favole che mi invento
e andranno verso il giorno
con un pizzico di nostalgia
per la notte che se n’è andata
e la vita che scorre via.”
Perché c’era quella città
dove dicevano che le parole
piovevano sulle strade
come coriandoli a carnevale
e parlavano una lingua sola
la capivano anche i cani
perché anche loro
facevano i cuccioli
e mettevano al mondo
sogni lontani.
Un Sentimento Esagerato
C’è una macchia scura
sulla luna piena
grande come una ferita
che sanguina sorgenti
a stille dal costato
sopra un sentimento esagerato
quando cadono per terra
germoglia un fiore delicato
un piccolo dolore disperato.
Ma la luna è tutta bianca
pallida e candida
come un lenzuolo
così l’uomo si tocca su un fianco
e rimane schiantato sopra il suolo
e come un cavaliere colpito
chinato sul cavallo
si strappa di dosso l’armatura
e il fiato si leva alto
nasce una nuvola di neve
una piccola morte senza parole.
Oh sì la luna è tutta bianca
linda e pulita
come un letto di nozze
dove la sposa si sbarazza del velo
e si sfila la camicia da notte
così l’uomo la prende e la tiene
in una presa che non abbraccia
e lei sfolgora una scia dagli occhi
come la coda di una cometa
“amore lasciati baciare”
le sussurra in un orecchio
“chissà quante parole conosci
che non riesci a pronunciare.”
Cani abbaiano alla notte
la paura e un sospetto smarrito
l’uomo scorge un chiarore lontano
e lo indica col dito
si domanda del bisogno di luce
che nasconde una finestra accesa
così affacciata sulla strada
sembra una speranza rinata
una piccola speranza educata
in mezzo a un silenzio sordo
sordo come il tonfo
di un gomitolo di lana.
Mario d’Azzo
A cavallo dell’onda
Questo lavoro trae ispirazione da un vissuto quotidiano da cui attingere il gesto poetico e la voce musicale. Come diceva Dylan Thomas, ci saranno pure delle ragioni scientifiche per spiegare i fenomeni; ma questo non vale per tutto, perché viviamo in una sfera magica.
A Cavallo dell’Onda
(testo: Mario d’Azzo – Musica: Marco Testoni)
A volte sono aperto e chiaro, altre, misterioso e nascosto;
sono il tempo, annuncio alle persone che tempo fa nel loro cuore.
Fa’ vedere cosa ci hai negli occhi! se la scintilla è ancora lì,
tu sai che il lato che la luna espone riflette solamente il sole.
Binari si congiungono in un punto all’infinito,
dimmi che vedi laggiù, non è forse un’illusione?!
Ma tu ci credi o no? Ci credi, non è vero?
E ciò che vedi e senti è qualcosa che c’è in te.
Per alcuni sarà pioggia che porteranno le parole,
non un moto, né un sussulto, alcuna vibrazione.
Per altri invece sarà come far fagotto, andare altrove,
dove le lingue non ti servono ma tu capisci le persone.
Ah cavalcare l’onda! in cima sulla cresta
e poi scendere la curva senza perdere la testa.
Ma tu ci credi o no? Ci credi se non vedi?
Non pensi di parlarmi con gli occhi, coi pensieri?
A volte sono grato ed altre cieco e sordo
ma son venuto qui a capovolgere il passato.
Ma tu ci credi o no? Ci credi se non vedi?
E ciò che vedi e senti è qualcosa che c’è in te.
A Pedro Migrador
Dimmi navigante
– navigando navigando –
correggi lontananze,
modifichi nel cuore
– così andando, così andando –
analoghe distanze?
Vanno con i viaggi
passaggi consapevoli
che schiudono paesaggi
sfuggevoli a occhi deboli?
la borsa che trascini
ha l’aria vuota e lunga
la tua corsa.
Oh! narrami il tragitto
che sguscia da burrasche
e approda in una baia;
raccontami la rotta
che motivi la fatica
e benedica il marinaio.
Dimmi pellegrino,
l’agilità del sogno
facilita il viandante
a osare nel cammino? – solo –
dove uccelli migratori
serrano lo stormo.
Il tuo volo non ha nidi
invitanti di lontano
col conforto della paglia
del muschio dello sputo,
ma richiami
sparuti come picchi
che alludono alla vetta.
Oh! narra viaggiatore
l’incanto che traspare
ai margini del tutto
quando il segno accade;
e tu sei spettatore
delle cose che non tocchi
per non perderne il valore.
Hai vestiti senza piega
L’occhio risvegliato
Non curi l’apparenza
Sembri fresco di bucato;
spiega che significhi far senza
di quello che hai lasciato.
“Non si tratta di coraggio!”
dici “in questo viaggio
– una volta che abbandoni –
nulla manca del passato,
e ogni volta si rinasce:
lo spettacolo è infinito!”
E tu sei spettatore
delle cose che non tocchi
tu sei il nomade
il matto dei tarocchi;
se un cane
ti mordicchia una gamba,
non ti vuole far del male,
non disturba, anzi,
vuol giocare.
Amici
(testo: Mario d’Azzo – Musica: Marco Testoni)
Fanno gruppo fanno cerchio
tra loro fan da specchio
sono rami di un cespuglio
nella macchia;
cresci alta bella pianta
non guardare dove secca
un arbusto ma lascia
che si stacchi.
Spiega il tuo ventaglio
dove spira il vento e il sole
scende sulla chioma
una voce allora canterà!
Perché è un dono
che le strade si incontrino
e gli uomini diventino amici;
perché è un dono
che i pensieri si cerchino
e gli uomini diventino amici
(i sentieri disegnino incroci)
Eccoli al crocicchio
come rughe intorno agli occhi,
ognuno porta un ramo d’ulivo
nel becco;
vola alto bello stormo
di ogni giorno fanne un gioco
le correnti vanno e tornano
daccapo.
Un nido li raccoglie
dal cielo nella conca
del palmo di Aladino:
il genio in una nuvola uscirà!
Perché è un dono
che le strade si incontrino
e gli uomini diventino amici;
perché è un dono
che i sentieri si cerchino
e gli uomini diventino amici
(i pensieri disegnino incroci).
Immaginiamo insieme
qual è la nostra nave
e che faro in fondo al mare
ci segnalerà
che siamo giunti a casa …..
Perché è un dono
che le strade si incontrino
e gli uomini diventino amici;
perché è un dono
che i pensieri si cerchino
e gli uomini diventino amici.
Apro le mani
Torna la neve
metto il cappello
di sghembo
come i soldati;
torna la neve
mette il mantello
la terra
come fanno i soldati.
Chiudo la porta
apro il cancello
poi via
come fanno i pirati;
faccio tre passi
sfilo l’anello
dimentico
proprio come i pirati.
Apro le mani
tutto mi passa
come vento tra i rami
e qualcosa mi resta;
apro le mani
e nevica fitto
e ad ogni fiocco
è una stella cadente.
Passi sordi
passi leggeri
su sentieri
pieni di pace;
passi che vedo
lungo pensieri
verso spazi
bianchi di luce.
Costellazione gemella
Sai Mario il mondo
mi ha fatto male
ed io farò
a meno del mondo!
Tra noi qualcosa
non voleva combaciare
c’era un silenzio
era terribile ascoltare.
Però ugualmente
cantavano le stelle
l’armonia del cielo
dietro un velo di scintille
…. se di lassù
si fossero specchiate
sai che spettacolo!
che pozzanghere!
nei miei occhi torbidi.
Ma tu prova a chiedere
se loro sanno
perché l’acqua non vola
fuori dall’oceano
quando la terra gira?
Ti risponderanno
È una ragione scientifica!
Ti spiegheranno ogni cosa
dentro il recinto
che limita il campo
non il vento che vi spira
non il canto
Sai Mario ora
mi guardano di sguincio
mi vedono posticcio
tra loro sono un ibrido.
….. Si chiedono che faccio
se son tocco oppure matto
la loro lingua sibila
sono fuori dalla regola.
Conosci la leggenda
del bambino e il cannocchiale?
L’inganno delle lenti
a non saperle usare!
….. Pensava di essere già un uomo
di essere già grande
ma vide la sua casa
immensamente distante.
Ma tu prova a chiedere
Se loro sanno
Perché il mare si gonfia
Quando di notte
Si riempie la luna?
Ti risponderanno
È una ragione logica!
Mentre tutto respira
perfettamente in silenzio
tutt’intorno gira
gira e m’attira
perché è una sfera magica!
Siamo noi magici
quaggiù come lassù
pianeti scintillanti
parenti alla lontana?
Modello la mia chiglia
col sale e con le onde
e il mare è lì che leviga
le parla e le risponde …..
Cicatrizza le voragini
assorbe tutti i lividi
e alla fini torni al mondo
e i tuoi occhi sono pronti
Sono limpidi
Il dottore non parla più
Ampio e profondo è il respiro della notte
i corridoi spalancano le bocche
negli ospedali gli zoccoli echeggiano
passi febbrili verso porte che lampeggiano:
lucine rosse ….. infermieri bianchi!
Il dottore in camice si strofina gli occhi gonfi
dice troppe lacrime! Le lacrime del mondo
non separano granelli come fanno le conchiglie
che secernono col pianto la luce delle perle;
che pianto benedetto le conchilglie!
Facce strapazzate lo bloccano negli angoli
con sguardi che trafiggono parole che si inceppano.
Invocano il meglio dal meglio del dottore
l’abilità alle mani e che si appellino al Signore;
reclamano la pelle intatta – non importa come –
che Dio vegli sopra questo guaritore!
Splendido e purissimo è il sole del mattino
spande miele dal mantello e particelle d’oro fino;
un universo incolume cola dentro l’Anima
e l’Anima si cede alla sua trama in filigrana:
corrono i figli quando il padre chiama!
Il dottore parla poco raramente
– pesano le croci e strappano le spalle! –
per capirlo immaginate cosa canti dentro il cuore
di quegli impavidi affamati che scalano montagne:
frequentano silenzi che gli uomini non sanno.
Dottore, la tastiera che tieni su in soffitta
so che la suoni come Nemo, come Nemo per te solo!
O come il comandante le dedichi a qualcuno
quelle musiche che ondeggiano e ti spingono lontano?
Sono come caravelle nell’incognita del mare:
gloria a loro e che le stelle ne proteggano l’andare
In Memoria di un Famoso Sconosciuto
Mare lava questi scogli
dal sangue che li imbratta,
dai brandelli, i ciuffi
di capelli, scagliati
sulla spiaggia!
Pioggia bagna il loro capo
con le lacrime del cielo,
rendi fertile il terreno
che hanno appena
seminato!
Io devo dare di più
alla vita per amare
altrimenti passa invano
ogni sforzo per cambiare.
Terra prenditi i pezzetti,
sono petali di gigli,
ingoia pure il gregge
– bela – ma ha unghie
come artigli.
Sole cogli queste piume,
fuma la canna del fucile,
porgi loro il benvenuto
son partiti adesso
in volo!
Io devo fare
qualcosa per amare;
altrimenti non c’è suono
non c’è luce, cosa sono
io!?
La Ballata del Cavallo Pazzo
Monologo di Ventre
Posso sedermi qui vicino a lei?
Vede mi sembra tra noi non ci siano segreti!
Consideri anzi i miei occhi già suoi,
saranno i suoi pesci se lei tende le reti.
Che ne dice magari potremmo darci del tu?
Se non sono importuno o troppo indiscreto.
Capisce il suo viso illumina abbaglia
stana sogni dal sonno che non parlavano più.
Certo lei non vorrà credere a questa storia del caso!
Che mescola il mazzo e distribuisce le carte.
In questo posto non viene mica chiunque,
piuttosto mi dica qualcosa mi dica una cosa qualunque.
Ora non pensi che voglia correre troppo,
è tanto che aspetto sicuramente lei pure;
si chiederà in questi anni che ho fatto?
Mi son morso la coda nella tana di un ratto.
Vedo non porta anelli alle dita
presumo non abbia la vita legata a qualcuno.
Non che un anello significhi o che nulla pregiudichi,
può soltanto accettare o declinare l’invito.
Pensa anche lei che le parole non servano a molto?
Il più resta sepolto dentro sotto sopra intorno.
Guardi i miei occhi le dicono niente? Mi dica
hanno un loro linguaggio non hanno un paesaggio evidente?
Bene non voglio tenerla qui oltre
S’è fatto tardi! Poi tardi per cosa non so!
Francamente stasera non ho niente da fare
lei sinceramente non pare meno sola di me.
Vorrebbe concedermi ancora un favore?
Mi dica il suo nome io lo conosco è così?
Lei mi ricorda qualcosa lontano!
Mi darebbe una mano a capire? Mi dica di sì.
Pensa anche lei che le parole siano un tipo di stiletto
si pronuncino per diletto si avvicinino per difetto?
Certo di fronte al candore della sua pelle
mi tornano in mente soltanto belle parole d’amore
Soleluna
Si dice che
la coppia sia
uno specchio della
nostalgia
del tutto.
E che nella
sua natura
più profonda
l’essere non sia
che maschio
e femmina.
E che quella natura
è solo Spirito
e lo Spirito
è entrambi:
ad immagine
dell’Uno.
Mario d’Azzo
Cibo per uccelli
Le storie pavimentano il cammino degli uomini di meraviglia e mistero. Intanto i figli smettono i loro vestiti per indossare quelli di marito e di padre, ma quando si svegliano al mattino sono l’una e le altre cose. Questo lavoro è maggiormente cosciente della luce e del suono.
copertina - cibo per uccelli
Artù era un gatto libero. L’ha usata la sua libertà!, anche per manifestarmi il suo affetto. Riconosceva la voce della mia macchina o semplicemente sentiva quando tornavo a casa. Allora usciva dalla finestra della cucina e mi aspettava all’imbocco della stradina sterrata che conduceva alla nostra dimora. Quando poi sopraggiungevo, sbucava fuori dalla bruga e si posizionava in mezzo alla via, con un anticipo tale che potessi vederlo e rallentare. Per gli ultimi sessanta metri che ci separavano da casa, era lui a stabilire il ritmo, con una cadenza flemmatica e regale del tutto in armonia con l’universo intero. E io, dietro.
Una notte, l’estate successiva alla sua morte, un merlo giovane ha fatto la stessa cosa, incurante dei fari accesi della macchina e del rombo del motore.
Le storie pavimentano il cammino degli uomini di meraviglia e mistero. Intanto i figli smettono i loro vestiti per indossare quelli di marito e di padre, ma quando si svegliano al mattino sono l’una e le altre cose.
Non molto tempo fa, mia moglie mi ha fatto notare che non le ho mai dedicato una canzone. Da parte mia, mi sono difeso dicendo che se l’amore di Dio non trova parole per essere espresso, il fatto che non abbia ancora composto niente che la riguardi direttamente è un buon segno.
A Monica, Pico e Falco. Md’A
Testi e musica di Mario d’Azzo
Chitarra acustica,12 corde e voci: Mario d’Azzo
Registrato preso gli studi Pop Recording di Somma Lombardo
Supervisione artistica: Giovanni Prolo
Registrato e missato da Gabriele Antonini
Grafica: SueAnn Walentuk, Marco d’Azzo
Cibo per Uccelli
Io capisco l’amore
come un canto dal sole
che chiama tutto a sé.
Tu puoi scegliere, andare,
libero di fare
ogni cosa
solo per te.
Prendo tutto, Signore,
gioia e dolore,
se questo è il modo migliore
di uscire da qui:
e lasciare sin d’ora
ogni granello di sabbia
ad ogni onda che lo porti
nel mare blu,
nel mare blu ….
Io capisco il dolore
come un salto nel cuore
che annulla tutto in sé.
Il passato non conta
e il futuro, se viene,
parte ora, altro non c’è:
che guardarlo nel nero
di quegli occhi profondi
– altrove non stanno
ma dentro di me –
e sentire sognando,
tra le strade cercando,
che l’Anima intanto
sorride al blu,
sorride al blu ……
Fremo
al passaggio di uno stormo
che vira
in un frullo d’ali.
Con le mani faccio il verso
a traiettorie
dettate da pensieri;
anticipo
– nell’impeto del sogno –
tragitti
che non hanno fine:
se non il canto universale
mentre accoglie
tra le braccia
il suo cantore.
Questa è la storia
del sogno che sognando
incontra nello specchio
intorno
l’immagine di sé.
Ed è notte e giorno!
Andiamo in questo ballo;
insegnamene il tempo,
il ritmo,
l’intervallo!
Il Golfo
Un suono di ferraglia rotola
sulla pianura, Ciuff Ciuff!
Si flette e si raddrizza
lungo curve ampie
e linee rette, Ciuff Ciuff!
Di valle in valle la sua voce
crea un varco,
spostamenti;
un oceano salpa verso
altri continenti.
Una volta che è sfilata,
la sua scia rimarginata
Ciuff Ciuff!
Chi può dire che non canti?
La sottile vibrazione scorre e va!
Certe onde non le senti
se non trovano una baia
che le accolga;
se la costa è una scogliera
inaccessibile e rigida sui fianchi.
Se devo risalire il fiume,
ricordare ….
Come il salmone ritornare
contro la corrente ….
l’immagine che vedo
è una luce devastante:
un golfo di brillanti
fluttuante al movimento
delle onde.
Così, riaffora il mare,
con la sua promessa
di pascolo inviolato ….
da gioie, da tempeste;
l’infinito non ha volto
dietro l’orizzonte.
Ti cerca, lo chiami ….
gli porgi umili le mani.
Ti fai piccolo,
torni piccolo,
capace ancora di sognare
in grande.
Io,
sta dentro Dio,
Dio sta dentro idioma ….
e tutto questo suona,
cattura,
come l’eco di una musica
lontana …
…. vicina.
È la tua natura!
Il Quetzal
Mi trovo bene
tra queste stelle,
mi trovo bene!
Sopra le nuvole
belle
come di neve.
E lì volteggio
sereno
sopra campi e colline;
le cose tornano
a posto
tornano insieme.
Questa è la foresta
dove volo;
tra il bene e il male
in bilico
su un filo.
Questa è la tempesta
e qui ho il mio nido:
nell’occhio cieco
e calmo
dell’uragano.
Ma se canto,
è per amore soltanto!,
a che serve una voce
se luce non dà!?
Voleste restare in ascolto,
non un solo lamento
dalla mia gola uscirà.
Lo so che questo non è
il paradiso;
ma a me
non riesce che volare,
di ramo in ramo
cantando passare
cambiando le mie piume.
E ne hanno fatte corone;
bastassero le penne
e le piume!!!
a fare di un capo
la testa
di un re.
Ma se canto,
è per amore soltanto!,
altrimenti il silenzio
ha più voce di me.
Voleste sentire
che dice
il suo canto felice
vi trasformerà.
L'Artefice e il Consigliere
Vivono le cose
cui si dà attenzione.
Le chiami ed esistono,
ne hai percezione.
Ogni volta tornano,
con una forma nuova,
a dar forma al segreto
della loro creazione.
Vivono le cose
per avere un nome;
un suono che cantato
incanti le persone.
Così una casa vuota
dà più spazio al sole;
muto atteggiamento
cambio anche la stagione.
Oggi ho un umore solare,
mi sento come un leone,
per quanto pigro e lunatico
ho venduto il televisore.
Troppe immagini morte
e notizie distorte;
ho voglia di ascoltare
la voce silenziosa
che canta dentro.
oh! oh! oh! oh! oh! oh!
Ho sognato di me
nell’atto di sognare.
Ero un punto sospeso
e l’oggetto da guardare.
Ero dentro, ero fuori,
ma non sbattevo le ali;
ero entrambe le cose:
la farfalla ed il fiore.
E me ne stavo tranquillo
senza alcuna emozione,
a osservare gli effetti
dell’immaginazione;
così se chiudo la porta
non getto la chiave
e mi sporgo al balcone
che si affaccia sul sole.
Stasera mi sento arioso,
parlo la lingua del vento;
soffio largo e selvatico,
spavaldo nel firmamento.
Porto e spazzo le nuvole
a seconda di quel che penso;
ho voglia di ascoltare
il suono silenzioso
che canta dentro.
oh! oh! oh! oh! oh! oh!
La Parabola del Vino
La Pioggia mi Bagna e il Vento mi Asciuga
Il marinaio ha un corpo asciutto, nervoso,
ne ha tirate di cime, sollevate di ancore!
Pesca un pesce, se lo mangia crudo.
“Tutto fosforo” dice, poi la lisca la getta in mare.
Ma mai plastica né scatolame.
“Certo che ne ho fatte di miglia!
Il mare mi ha rapito il cuore. Lontano dalla famiglia,
da qualche parte a fare la stagione.
Ma il mio sogno è sempre un ritorno; e dal mare:
è un destino dal mare tornare!”
“Su mercantili di lungo corso,
dal Golfo Persico a Panama, da Tokyo alla Terra del Fuoco,
avanti indietro per mesi interi.
Su pescherecci a lanciare reti
e mai uno strascico – chiedi se non credi –
se c’ho un grammo addosso più della mia fame.”
“Allora facevo gola! La moglie di un comandante
mi fece chiamare nella sua cabina.
Una sedia da sistemare! Ma mi aprì in vestaglia: una madonna!
non fosse stato per i suoi peccati. Niente da fare!
La donna di un amico non si tocca, io ho il mio onore.”
“Accoglimi porto, tuo figlio è tornato!
Abbracciami moglie, che il vento ha girato!
Tieni accesa la luce, che voglio vedere ….
se i sogni son veri, se è la luna che rende
l’oceano un immenso lenzuolo di lino
dove bacio sirene che hanno il tuo viso.”
“Ora ho questa barca. Ci carico i turisti.
Gli faccio fare il periplo dell’isola in un giorno.
Mi chiedi cosa ho visto ad andare per il mondo?
Conosco questa terra! – È così che ti rispondo –
È questo che ti insegna: qualunque cosa accada,
la pioggia mi bagna e il vento mi asciuga.”
“Lo vedi quello è un dammuso in una pietraia,
viene dall’arabo dam e significa casa.
Io la chiamo mia ma non ci posso giurare ….
che ‘sto pezzo di roccia non sia proprio una nave,
con tanto di vele e di vento a favore.
Io non sto al timone ma mi lascio portare.”
Letto di Fiume e Fiore con le Spine
Sul letto del fiume
l’acqua scorreva
e il suo suono gli piaceva.
Era a volte uno strillo
altre un sussurro tranquillo
che tutto conteneva ….
La parabola del sole
che si leva e scompare
mentre appare la luna
chiara come un segnale
che non c’è angolo buio
che non possa brillare.
Sull’argine cresceva
tra piante selvatiche
un fiore con le spine.
Come un campo sotto la neve
che sembra dorma ma vive
tutto muto e gentile.
Il letto del fiume
se ne innamorò
le regalò il suo specchio
per quando – immaginò –
avrebbe visto il suo viso di petali
sopra il volto che la guardava.
Oh! Pensi mai se ha condizioni
l’amore per vivere?
O se non è imparziale
il gesto caldo del raggio di sole?
Comunque c’è! Non sta la rosa
senza sapere perché?!
Non pensi all’universo
come a un gigantesco imbuto!?
E che siamo scivolati in questo posto
che al confronto è un buco!
Fatti fiume, amore!
Scorre dentro un fiore
quanto tra i sassi bianchi
di un letto senza nome;
non ci sono spine,
non è mai un dolore,
se non per impedirti
di guardare altrove.
Fatti fiume, amore!
Lascia che sia lui
a scavarsi una nicchia
proprio nel tuo cuore;
non ci sono spine,
non è mai un dolore,
se non per impedirti
di guardare al sole.
Sul letto del fiume
sorella acqua cantava
tra sassi e detriti.
Con la medesima voce
spostava barche pesanti
e battelli smarriti.
Occhio Padrone Ingrassa il Cavallo
É una nota costante
che a viverci accanto
ti scivola dentro
e non capisci se è il vento
o sei tu ….
che ora fischi ora canti.
Dirai che è normale
– un’isola è sola –
sia libeccio o maestrale
viene dal mare
mai più
arriva da altrove!
Sarà che le case
qui hanno pati davanti
e la sera la gente
vi si siede a narrare.
Se prendi distanza
se le ascolti lontane
non senti parole
ma scirocco, grecale;
e gira e rigira
la rosa dei venti
e i racconti dell’uomo
ritornano canti.
Hu, huuuuuuuuu …
E se fossimo un canto
che spande a spirale
che mutando di piano
cambia anche il suono,
timbro e tono …
forma e nome !? ….
Ecco il sole lassù
ecco il mare laggiù
cavalcano onde
venendo quaggiù:
con che voce
l’uomo risponde?
Non senti anche tu
tutti i sogni del mondo
come canti raccolti
in un suono di fondo!?
E gira e rigira
la rosa dei venti;
tramontana, ponente,
meridione, levante!
É una nota costante
ti scivola dentro:
e tu pensi sia il vento,
invece sei tu!
Hu, huuuuuuuuu …
Pico nella Girandola
Sogni d'Oro Shalimar
https://www.youtube.com/watch?v=SQYp1U954J4
Sul cuscino disegna
delle valli ….
e dei fiumi
con ciocche di capelli.
È il suo sogno!
chi lo può toccare!?
il suo pensiero scalzo
in riva al mare.
Sul cuscino sta in cima
alle montagne,
con pareti che cascano
a strapiombo.
E fa un salto,
chi glielo può impedire!?
di provare la vertigine
del volo.
Sul cuscino non c’è smorfia
sulle labbra;
ma la chiave per schiudere
uno scrigno.
Non c’è ghigno,
chi gliele può baciare!?
senza il dubbio che le possa
far del male.
Dormi, dormi,
sposa senza il velo!
che è sereno e libero
il tuo cielo.
È il tuo viaggio!
Chi ne può parlare!?
neanche tu tornando
trovi le parole.
Sul cuscino il volto
è un prato al sole.
E il silenzio
è carico d’incanto.
C’è una perla
nel suo guscio di conchiglia;
s’apre un occhio in mezzo
sulle sopracciglia.
Dormi, dormi,
che l’Anima non dorme!
Nella luce
mentre il suono si diffonde.
È il tuo sogno!
Chi ti accompagnerà!?
Un soffio lieve
e tiepido sul collo.
Mario d’Azzo
Salute al vecchio
Questo è un lavoro che collega questo mondo con quelli più profondi, oltre, dentro. Inevitabile dunque cantare della vita e della morte, della ricerca interiore e del principio femminile.
As you will
As you will father
as you cross the night
and don’t take the baggage
who needs it for this flight?
You just breathe your life
out from your chest
leaving behind the body
like an empty nest.
But the bird’s gone
And I think we all
Put on new feathers
Before meeting dawn
It’s coming down
Turning dark to light
It is time to trust it
Without asking why
Here we are
fathers and sons
seeds and fruits
to tell whether
the tree is good
but who planted it?
what reason for
but to show us
we can do it
just for love
Huuuuuuuuuuuuuuuuuu
As you will father
crossing snow fields
leaving no footprints
behind for us to see
We have to close our eyes
to let the light come in
and let it open up
the way within
To you Soul!
Here we are
fathers and sons
seeds and fruits
to tell whether
the tree is good
but who planted it?
what reason for
but to show us
we can do it
just for love
Huuuuuuuuuuuuuuuuuuuu
Barbiere Padre e Figlia
Mare mosso – Signorina –
al largo non ci posso andare
Ho certe onde tra i capelli
le vorrebbe regolare
Una piega una spuntata
in questa mattinata ariosa
di gabbiani che si tuffano
nel vento.
Signorina tocca a me
suo padre c’ha da fare
il riporto ad una chierica
per nulla monacale
E il cliente appena entrato
può sedersi ad aspettare
sbirciando di traverso
dal giornale
Ritmo lento
ne ho di tempo
che delizia questo shampoo
il cliente nel frattempo
è finito da suo padre
Schiuma rabbia invece io
m’immagino la sabbia
di una spiaggia
che s’appoggia alle sue mani
Vedi i casi della vita
certa gente al tuo paese
non la incontri in mille anni
neanche dietro appuntamento
Ma se vieni qui a Palau
te lo trovi dal barbiere
un volto familiare
seduto proprio accanto
coincidenze che soltanto
il destino può aggiustare.
Signorina questo anello
me lo giro intorno al dito
e lo specchio qui riflette
un pensiero incustodito
Ma il destino ha un’altra porta
e l’ha aperta qui il signore
scrive storie come me
per professione.
Nascono dal niente
dalla gola del mattino
dalle grotte della notte
sono i canti delle sfere
vagabondano soffiando
sul cuore della gente
prima di tornare
al loro nido
Vedi i casi della vita
certa gente al tuo paese
non la incontri in mille anni
neanche dietro appuntamento
Ma se vieni qui a Palau
te lo trovi dal barbiere
un volto familiare
seduto proprio accanto
coincidenze che soltanto
il destino può aggiustare.
Colpo di vento
Testo di Mario d’Azzo – Musica di Matteo Luigi Piricò
A volte t’infili
in una fessura, entri
da uno spiraglio,
come un colpo di vento
lieve e improvviso.
Smuovi una tenda,
sollevi l’orecchio
di un foglio
o ti posi su un libro,
folgorato da un raggio
di sole.
Tu sei così!
Cammini scalza nel mio mondo
benedicendo ogni cosa
che vedi,
che tocchi,
con gli occhi del pensiero
e i poteri del cuore.
E io ti sento
e ti penso.
Gli Occhi della Moglie
Cosa vedono i tuoi occhi?
spalancati sul mattino
ora teneri e gentili
ora rapiti e distanti
Dove portano i tuoi occhi?
fluttuanti lungo il fiume
al mare che li abbraccia
alla brezza che li carezza
Sarò un uomo migliore
sarà libero il cuore
ora un umile servo
pronto all’amore
Sorride la donna
luminosa nell’aria
l’orizzonte si allarga
e l’uomo che la guarda
si riempie di echi sottili
al contempo lontani e vicini
Cosa avvolgono i tuoi occhi?
come la notte le stelle
o la roccia i diamanti
come la brace la fiamma
Sarò un uomo migliore
sarà libero il cuore
ora un umile servo
pronto all’amore
Dove tornano i tuoi occhi?
alla luce che dal fondo
ne illumina il cammino
oltre questo mondo.
Joseph’s Night
What about me
will I be strong enough?
Will I believe
won’t it be too tough?
What about me?
Mary has been honored
but the people talk!
What should I do
how can I handle that?
Am I so humble
Will I take off my hat?
bend like a branch
while the wind is blowing
where it wants.
Angel of the Lord
slipping through my dream space
bringing forth a truth
with a new face.
Is it Love
that goes beyond?
I think I’ll do
what I never did.
I think I’ll grow
and will grow the kid;
how does it sound?
will he call me father
though I am not?
The child is coming,
he is gonna change the law
of an eye for an eye
and a tooth for a tooth,
into one of love:
Love your neighbor
as yourself.
Angel of the Lord
slipping through my dream space
bringing forth a truth
with a new face.
It is Love
that goes beyond.
La voce
Testo di Mario d’Azzo – Musica di Matteo Luigi Pirico`
Uscirà la voce
dalla dimora
di un silenzio
intatto.
Solcherà lo spazio
il graffio di una stella.
Varcherà i confini
di equilibri antichi.
Sposterà col canto
le attenzioni della mente.
Il mattino avrà
tutta la bocca
della valle
ad annunciare il giorno
un’altra notte
alle spalle.
Orfani in Paradiso
Bella mia, costa
fare il cavaliere!
La gente oggi non gira
piu` a cavallo.
E il corso degli astri spande
lontano
– muta e orfana
la nota dell’uomo,
del Suo cielo blu –
Bella mia, in un angolo
intanto lo sciamano
governa il fulmine
con una sola mano.
Ripete la parola
che illumina le stelle
e quelle a lui sussurrano
favole e leggende,
del Suo cielo blu.
Bella mia, lo senti?
sembra un canto indiano;
batte il cuore,
batte il tamburo.
Con gli occhi del lupo
li vedo danzare intorno
al fuoco;
voglio farlo anch’io,
nudo sul prato.
Sanno quel che fanno,
sanno a chi cantare ed io
qui a mendicare
ai margini del campo….
Un osso!
Uno scampolo di pasto;
io ho ancora fame……
Dove sono le mie fiamme?
Cosa ho da offrire io?
Ululo alla notte,
divento io la notte!
Ululo alla luna,
divento io la luna!
Su un crinale di lavanda
il cavaliere si sdraio`.
Guardava il cielo
ma vedeva la sua vita.
Riconobbe la vittoria
ed accanto la sconfitta,
l’una senza troppa gioia
e l’altra senza fitta,
lì nel cielo blu.
Bella mia, li senti?
sono suoni antichi;
batte il cuore,
batte il tamburo.
Con gli occhi dell’aquila
mi vedo sdraiato
sopra il campo,
quello sono io
con gli occhi al firmamento.
Fermo e intanto volo
nudo qui nel vento;
sento cosa dico
zitto ascolto.
Salute al Vecchio
Tutti intorno al letto,
tutti intorno al vecchio
ai margini del vuoto
per sentirlo muto,
a parte questi occhi
di moglie e di figli
che brillano già.
Vedrai che basterà
tutto questo amore
a raccogliere le forze
spavaldo saltare,
un uccello giù dal ramo
sicuro di volare
dove il vento gli dirà.
Una strada all’inizio
una strada alla fine
due mondi che si toccano
come paesi sul confine.
Una linea che si tende
un cerchio che si chiude
il giorno che risponde
alla notte che chiede.
E chiede chiede
una possibilità
un’altra aurora
dall’oscurità.
Chiede chiede
se l’amato ci sarà
ad aspettarla
nell’eternità.
Chiede chiede
un segno da capire
come un cane che già sente
cosa intende il suo padrone.
Chiede chiede
un’altra vita altrove
a patto lui sia lì
conta poco dove.
Sei bello da vedere
composto nel vestito
sebbene qui il commiato
preveda anche i saluti
grazie per gli aiuti
sempre ricevuti
senza chiederli
Il cammino che si fa
mano nella mano
liberi di scegliere
se vicino se lontano,
visibile e invisibile
una moneta due lati
dove i figli camminano
e i padri son passati
E passa passa
passa la parola
calata nella forma
da quella che non suona.
Una scende in basso
bussa a porte chiuse
l’altra stando in alto
entra dalle serrature.
Passa passa
la sabbia dentro il mare
quando viene l’onda
sulla spiaggia a cancellare.
Passa passa
il vento sul confine
e spazza lì la strada
senza inizio senza fine.
Walking in Sandals
I saw you
Lie on the grass
Trusting the ground
Like a child (in) the arms
Of his mother
Of her mother.
I gazed
Upon your eyes
As if searching for diamonds
Into (inside) a mine
Or begging the light
From the inner.
There is so much pain
There is so much love
They intertwine
Together
Would you believe
Love is forever?
I stayed still
By your side
Had I raised the veil
Of the bride
Would she have lit up
My visions inside?
Would she have lit up
My visions inside?
Then came up a wave
From the worlds far beyond
And the heart resonated
Chanting its song
Of freedom and union
To which lovers belong
Of freedom and union
To which lovers belong.
There is so much pain
There is so much love
They intertwine
Together
Would you believe
Love is forever?
Now!
La vera delizia dell’anima giace nell’amore, nell’armonia e nella bellezza, i risultati delle quali sono saggezza, calma e pace; più sono costanti, più grande è la soddisfazione dell’anima.
Hazrat Inayat Khan – Il misticismo del suono
albums